data notizia: 13 Ott 2016
Firenze – Una galoppata nei ricordi tra angeli del fango e lucciconi. “Arno vivo e vissuto” è un turbinio di emozioni.
Quattro generazioni di fiorentini si sono ritrovate presso l’Azienda Pubblica Servizi alla Persona Montedomini di Firenze per rivivere i giorni dell’alluvione del ’66. Cristalli di terrore, ancora vivi infondo al cuore di chi c’era, si fondono con i tratti magici dei disegni e la vivacità degli alunni delle classi di quinta della scuola elementare Vittorio Veneto di Firenze.
A prendere la parola tanti bambini di quel tempo, oggi sessantenni. Riportano l’emozione forte di aver visto i loro genitori piangere per la prima volta rientrando a casa dopo aver visto la devastazione in una Firenze quasi irriconoscibile con la città che veniva inghiottita dalla furia dell’acqua. Grandi e piccini si guardano l’un l’altro con gli occhi lucidi.
A prendere la parola anche chi era già grande e oggi è ultracentenaria. La voce trema un po’ ma le emozioni e i ricordi sono intatti. Nitido il racconto corroborato dal susseguirsi di una moltitudine di gesti di solidarietà.
Ricordato da tutti con grande affetto il “sindaco dell’alluvione”, Piero Bargellini. Presente la figlia Antonina dal cui entusiasmo nasce l’iniziativa, realizzata grazie alla collaborazione di Francesca Napoli, vicepresidente di Montedomini, e Bruna Branca, della Rete di Solidarietà del Quartiere 1, e che verrà replicata giovedì 20 Ottobre alle 14.30.
Fra tante testimonianze dirette va dritto al cuore il racconto di una bambina. Domitilla, dieci anni di argento vivo. Ha visto le cicatrici dell’alluvione alla Biblioteca Nazionale dove oggi lavora la sua mamma. Quello che non dimenticherà era in un armadio. Le lettere e i disegni, ancora conservati, che migliaia di bambini inviarono insieme ai loro pochi risparmi per restituire Firenze a un sogno di bellezza. Provenivano dai piccoli cuori di tutta la Terra. Fra gli alunni presenti è una gara ad alzare la mano e far sapere che anche loro vengono proprio da quell’angolo generoso di mondo, non appena viene citato. La prima è Amashi, i suoi genitori sono dello Sri Lanka, poi è un girotondo d’orgoglio da Tomas che è Etiope a Iulian che viene dalla Moldavia, allora era Unione Sovietica ma neanche la “Cortina di Ferro” fermò quella meravigliosa mano tesa in un gesto di autentico amore.
Riccardo Campolmi